La salute del suolo comincia dalla sostanza organica presente nella terra

Perché l’analisi della sostanza organica è il primo passo per un progetto di agricoltura rigenerativa?

Il suolo racconta molto più di quanto si veda in superficie. E quando si parla di agricoltura rigenerativa, la prima variabile da studiare a fondo prima di implementare nuovi protocolli agronomici è la sostanza organica presente nel suolo.

I vantaggi di un suolo ricco in sostanza organica

Se il suolo è un organismo vivente, la sostanza organica è ciò che ne mantiene attive le funzioni vitali. Una riserva di energia e biodiversità che migliora la struttura del terreno, aumenta la capacità di trattenere acqua e nutrienti, alimenta la microbiologia naturale del suolo e rende le colture più resilienti. Non si tratta, insomma, di un semplice parametro tecnico: il livello di sostanza organica restituisce indicazioni cruciali sullo stato di salute del suolo e sulla sua evoluzione nel tempo.

Dal punto di vista agronomico, un suolo più ricco in sostanza organica è anche più strutturato, meno compatto e meglio aerato. Questo ha un impatto pratico e immediato: una migliore struttura favorisce lo sviluppo radicale delle colture e permette più giorni di lavoro agricolo anche di fronte a condizioni meteo avverse, un aspetto cruciale in un’epoca di crescente instabilità climatica.

Il nostro approccio

Per questa ragione proprio l’analisi della sostanza organica presente nel suolo delle nostre model farms è stato il punto di partenza del progetto Nurture the Future. In ciascuna delle aziende coinvolte sono stati individuati e campionati, grazie a un approccio scientifico e georeferenziato, gli appezzamenti agricoli su cui costruire la cosiddetta baseline di riferimento: un insieme di dati che fotografa la situazione iniziale dei suoli e consente di valutare nel tempo gli effetti delle pratiche rigenerative introdotte.

La tecnica di campionamento adottata si è basata su un modello avanzato di zonazione satellitare, in grado di rilevare con estrema precisione la variabilità interna di ogni appezzamento. Questo approccio ha permesso di identificare le aree più rappresentative da cui prelevare i campioni fisici, poi analizzati in laboratorio secondo protocolli condivisi a livello europeo e internazionale.

I risultati

I risultati di questa prima analisi confermano quanto la sostanza organica sia un indicatore sensibile alle pratiche agronomiche in atto. Alcune aziende con suoli naturalmente meno favorevoli – ovvero con una minore presenza di argilla, che di norma aiuta a trattenere più carbonio – hanno comunque registrato livelli elevati di sostanza organica grazie all’adozione continuativa di pratiche rigenerative negli anni precedenti. Un dato significativo, che suggerisce come anche in assenza di condizioni pedologiche ottimali sia possibile aumentare la fertilità e la resilienza del suolo intervenendo sulla gestione agronomica.

La sostanza organica è il principale serbatoio di carbonio nel suolo: ogni incremento, anche minimo, rappresenta una quota di CO₂ sottratta all’atmosfera e trasformata in risorsa per la fertilità. Aumentare la sostanza organica significa dunque accrescere la capacità del terreno di sequestrare carbonio, contribuendo alla mitigazione del cambiamento climatico e al tempo stesso migliorando la struttura, la ritenzione idrica e la produttività agronomica. Un doppio beneficio – ambientale e produttivo – che si fonda su dati misurabili e su una gestione consapevole delle pratiche agricole.

A partire da questi risultati, il progetto può oggi contare su una base solida per monitorare nel tempo il cambiamento. E continuare a costruire, stagione dopo stagione, una nuova alleanza tra agricoltura e ambiente.

 

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